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Il centro italiano

Il centro Italo-Russo per le ricerche su mass-media, cultura e comunicazione

Il mare al naturale (L’Optimum, marzo 2006). Eugenia Selisceva

In Puglia, una regione del sud Italia, sta per incominciare “la stagione del mare”. I frutti di mare freschi tanto da poter essere mangiati anche crudi sono lo scopo del nostro viaggio verso la costa adriatica.

L’invito al viaggio

“Noi non abbiamo nè il Colosseo, nè La Scala, questo no”, - ammettono con poca amarezza nel meridione d’Italia. E subito dopo aggiungono: “Però loro non hanno il nostro mare!” Il mare come modo di vivere, come lavoro e divertimento, come motivo per marinare la scuola o scappare dall’ufficio nell’ora di pranzo: dieci minuti in macchina – e chi si ricorda più degli impegni lavorativi e dei colleghi! Prendiamo a bordo solo quello che serve, cose semplici, ma geniali: il caffè e le righe di un giornale, tra le quali si avverte l’odore del mare. Lì credono che vederlo, il mare, non sia proprio obbligatorio – basta saperlo vicino, no?

Dite di no? Allora venite in Puglia – la regione che si trova “sul tacco” della penisola. Nei ristoranti locali troverete prove convincenti e potrete godervi il mare senza vederlo.

Il mare dal vivo

Quante cose ha portato il mare in Puglia e in particolare a Bari, l’attuale capoluogo della regione! Durante i secoli salpavano da qui le navi – con scopi commerciali, militari, religiosi, - e le navi arrivavano, portando con loro merci straniere, persone dalle lingue sconosciute, culture diverse. A Bari c’è anche un angolo di “Russia”: le reliquie di San Nicola, una chiesa ortodossa e una statua del santo realizzata da Zereteli e regalata alla città da Vladimir Putin. Queste cose si possono vedere in un giorno, mentre per apprezzare le particolarità della cucina tipica, portata sempre dal mare, bisogna organizzarsi per un soggiorno un pò più lungo. Quante città hanno trovato rifugio sul litorale adriatico dell’Italia – e tutte quante fanno ampio uso dei frutti degli abissi adriatici. Bari però riesce ad essere originale, mangiando i frutti di mare crudi – per, come spiegano i pugliesi, conservare il profumo, il sapore e soprattutto la sensazione di freschezza tipica del mare. Chissà quando e perchè è nata questa tradizione. In ogni caso, sin dai tempi dell’Impero Romano proprio da queste latitudini partiva il pesce fresco per raggiungere i tavoli dell’aristocrazia romana. La famosa strada Appia, selciata di pietre, che attraversava una grande parte di penisola, partiva proprio dalla Puglia: in una delle piccole città pugliesi c’è ancora un ponte antichissimo che un paio di millenni fa vedeva ogni giorno i carri caricati di pesce che erano destinati a superare alcune centinaia di chilometri per poi trovarsi in una delle strade romane che adesso si chiama Appia Nuova.

Antichissima è anche la statua del pescatore di polpi, eretta nella cittadina di Torre a Mare, vicino a Bari, che attualmente è ridotta allo stretto necessario: ville, scalo per le barche, ristoranti con specialità marinare. A proposito, i ristoranti…

L’abito del monaco

Esteticamente semplicissimi, ma ricchissimi nel loro interno! Comunque a volte, soprattutto d’estate, è meglio restare fuori, sulla terrazza aperta, dove il mare crea da sè il migliore degli interni possibili. D’inverno il mare viene sostituito dalle stampe di soggetti marini e da collezioni vetrate dei nodi marinari. Legno naturale, tovaglie fresche, camerieri con il fisico da top-model – tutto è estremamente all’italiana. Qui si può fare a meno del menù – basta solo annuire quando vi chiederanno: “Desidera un pò di crudo?” Da locale a locale “il crudo” sarà proposto in modi diversi, ma senz’altro con la partecipazione di polpi, seppie (che in dialetto per qualche ragione strana si chiamano allievi) e di vari tipi di cozze. I frutti di mare si assaggiano bagnati dal succo di limone oppure al “naturale”. Così, in effetti, danno di mare molto di più rispetto alla stessa pasta con le cozze (già cotte), che è un altro piatto tipico della regione. Quelli che non vogliono mettere in pericolo il proprio stomaco, possono assaggiare le stesse cose – polpi, gamberi, calamari – arrosto. Di solito agli stranieri viene proposta proprio questa variante, visto che non tutti, anche gli stessi italiani, condividono la passione pugliese del mangiarli crudi.

I segreti del polpo

Sembra che sul lungomare di Bari sia sempre l’8 marzo – gli uomini vestono maglioni sbiaditi con le maniche rimboccate - e sciacquano nelle bacinelle qualcosa dalla forma così indeterminata che può essere scambiata per bucato. Naturalmente, è solo un’illusione: gli uomini a Bari si caricano dell’impegno virile di arricciare i polpi. Li pescano proprio qui, dove finisce la città e tende lontano la sua mano il faro, e poi, seguendo le istruzioni che sembrano estratte da una favola, li puliscono “in sette acque”: è proprio un gran sporcaccione, il polpo. Non è comunque colpa sua – l’animale quando è vivo funge da sanitario marino, filtrando tutto quello che inquina il mare. Ricordiamolo, i pescatori devono pulirli per bene: altrimenti una buona metà della regione rischia di beccare l’epatite A.Abbiamo incontrato Michele passeggiando una mattina sul lungomare: viene qui tutti i giorni e per il pranzo sua moglie cucina i polpi, ma per meritarsi questo pranzo deve impegnare alcune ore lungo la costa barese – con aria quasi beata, come se facesse meditazione. Ci propone di assaggiare dei polpi già puliti, tagliando i loro tentacoli proprio sulle pietre del lungomare, – la prelibatezza che in questo periodo costerà al mercato 40 euro circa per un chilo.

Il mercato si trova vicino, ed è magari più pittoresco di qualsiasi ristorante. I molluschi di tutte le specie – ostriche, noci con una buffa lingua rossa, tartufi, - sono sistemati in piccoli mucchi e sembrano dolci esposti nelle vetrina di una pasticceria; piramidi ancora più imponenti creano i ricci di mare – questi però non si mangiano quasi mai al ristorante, perchè hanno poca polpa e si dovrebbe mangiarne abbastanza per saziarsi. Sempre qui, proprio dietro l’ultimo banco, si asciugano le mute da pesca, e appena un pò più in là si ormeggiano le barche e i pescatori preparano i polpi per la vendita – uno spettacolo degno per la sua grandiosità delle migliori battaglie nel sopracitato Colosseo.

Ad una persona inesperta potrà sembrare che i pescatori semplicemente uccidano le povere bestie: uno butta il polpo con zelo sulle pietre, poi lo riprende e lo scaglia nuovamente; l’altro con un attrezzo speciale che assomiglia parecchio a un matterello, però enorme, lo bastona senza tregua – con l’intenzione abbastanza palese di schiacciarlo come una bistecca. I baresi invece ridono – loro sanno che è un lavoro importantissimo, quello dei pescatori: arricciare i polpi per renderli mangiabili. Non arricciati questi rappresentano una massa sdrucciolevole e poco attraente, che non si può nè tagliare nè mangiare. Perciò, per triste che sia, per poterli consumare crudi, bisogna picchiarli senza pietà, perlopiù contro le pietre. Solo dopo i polpi si mettono in cestini impagliati che, accordandosi proprio bene con i tentacoli a spire, attirano l’attenzione dei passanti.

«Fai un bel regalo a tua suocera, compra il polpo!» - gridano i pescatori. Un tentacolo del polpo è capace di conquistare il cuore di qualsiasi donna – evidentemente la pensano così! Noi però siamo riusciti a trovare un punto debole nelle conoscenze di questi esperti quasi impeccabili: nelle parole italiane “piovra” (che è anche il titolo del famoso giallo con Michele Placido dei tempi della nostra adolescenza) e “polpo”, a differenza della parola russa “osminog” (let. “una bestia con otto gambe”) non c’è nessuna indicazione sulla quantità delle sue estremità. Così, svelando il segreto, vedevamo gli italiani increduli: si mettevano subito a contare i tentacoli!

La colazione aristocratica

Una peculiarità meravigliosa di questo paese, ricco di frutti di mare, è la bravura nel presentarli sia in modo democratico, ma affascinante nella sua semplicità, sia con un lusso e una finezza di antica tradizione. Lasciando il mercato e gli scali dei pescatori, ci precipitiamo a Polignano a Mare, una città a trenta chilometri a sud di Bari, dove si trova un ristorante davvero unico: “La Grotta Palazzese”. Grazie alla sua posizione eccezionale, “La Grotta Palazzese” fu citata da una fondazione americana tra i quattro locali (gli altri tre si trovano in Repubblica Ceca, Nuova Zelanda e Stati Uniti) più particolari e più “caratteristici” al mondo. Il ristorante è situato letteralmente dentro una grotta, e la sua superiorità rispetto agli altri ristoranti “di mare” diventa ovvia appena lo vedi da dentro: dietro il tuo tavolino – il precipizio, e tu non vedi altro che il tuo pranzo ordinato sullo sfondo del mare che si slancia verso il cielo. Le tradizioni di questo ristorante hanno una storia di alcuni secoli. Già trecento anni fa i duchi usavano la grotta per organizzare feste con cibi in abbondanza e spettacoli teatrali, ora si viene qui da tutte le parti del mondo per ammirare la vista (“La Grotta Palazzese” non è solo un ristorante, ma anche un albergo lussuoso) e anche per festeggiare le nozze: due coppie americane hanno scelto questo posto per unirsi in matrimonio. D’inverno, naturalmente, anche nel sud Italia è meglio osservare la bellezza del mare dal coperto, perciò nella Grotta è prevista una sala per la stagione da ottobre ad aprile. Ma una volta scoppiata la primavera si spalancano le finestre, si aprono le grotte, nella lontananza radiosa si precipitano le barche, e gli uomini sulla costa adriatica – chi legge il giornale, chi risciacqua nelle bacinelle i polpi – sono tranquilli ognuno a modo suo: il mare è proprio qui, e sembra quasi di respirarlo.