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Il centro italiano

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Intervista di Fatima Ciumakova a Paolo Giordano

Intervista di Fatima Ciumakova a Paolo Giordano “I russi me li  immaginavo diversi da quelli ho trovato a Mosca”

Premessa

Un giorno dell’estate scorsa, mentre per l’ennesima volta stavo esaminando i capolavori della letteratura tra gli scaffali di una libreria sulla Poljanka, lo sguardo, assolutamente per caso, mi si è posato su un certo libro… Molto spesso compro opere di letteratura contemporanea in modo intuitivo, a seconda del titolo. Se mi piace lo prendo. E il più delle volte non mi sbaglio. E così è stato anche questa volta.

Paolo Giordano

La solitudine dei numeri primi.

E inoltre la copertina è eccezionale. Come ho scoperto poi, si accorda perfettamente col contenuto del romanzo.

Piccolo prologo sui numeri

Nel gennaio 2008, la famosa casa editrice italiana Mondadori ha pubblicato un romanzo scritto da un giovane fisico teorico di ventisei anni, esperto di particelle elementari. In un anno quest’opera emozionante ha conquistato un milione di italiani, l’autore è stato insignito del più prestigioso premio letterario della penisola, il premio STREGA, e il romanzo è stato tradotto in più di trenta lingue, tra cui il russo.

All’inizio di dicembre dello scorso anno, Paolo Giordano è finalmente  venuto a Mosca, dove ha incontrato i suoi lettori russi nelle principali librerie della città, ha firmato autografi e, rispondendo alle domande, ha raccontato molte cose interessanti.

Alla Central’nyj Dom Hudožnika, per la presentazione della Solitudine dei numeri primi era presente Alberto di Mauro, il direttore dell’Istituto di Cultura Italiana a Mosca. Le sue parole lusinghiere e alcuni fatti interessanti rivelati alla platea a proposito del giovane scrittore si sono dimostrati, nonostante l’imbarazzo di Paolo, più che mai calzanti.

- Sono molto felice di comunicarvi che in questi giorni il libro del nostro scrittore italiano sta avendo un successo sempre maggiore, il che mi fa molto piacere. Ma non ne sono sorpreso, perché questo libro ha riscosso in tutti i paesi un successo grandissimo, in qualche misura anche inaspettato. Ecco un esempio di questo successo: l’anno scorso ho comprato il libro per regalarlo a mia nipote, che ha trent’anni. Le è piaciuto molto. Dopo di che, un mese più tardi, ho comprato il romanzo come regalo per mia mamma, che ha 97 anni, e l’ha letto tutto, con molto entusiasmo, in una settimana. Ciò significa che questo romanzo suscita un grandissimo interesse, partecipazione, ed empatia in persone di tutte le età. È un bellissimo esempio di letteratura italiana, che abbiamo portato qui a Mosca. Ma penso che adesso sia più giusto passare la parola al suo autore.

Paolo Giordano:

- Di solito non inizio io il discorso, ma comunque voglio salutarvi. Grazie per essere venuti, e per essere così in tanti. Riconosco già come minimo due miei fan, che ieri erano alla libreria (ci indica). Dal momento che mi trovo qui, e dato che questa è uno delle occasioni più importanti del mio soggiorno a Mosca, vorrei ringraziare, prima di tutto, la casa editrice RIPOL-KLASSIK per aver pubblicato i miei libri in Russia. Vedo che sono appese dappertutto le mie fotografie, e questo mi imbarazza molto. Inoltre voglio ringraziare l’Istituto di Cultura Italiana, che mi ha aiutato a organizzare il mio arrivo qua, e che mi ha sostenuto in tutti i paesi che ho visitato. E infine voglio ringraziare la mia traduttrice (Irina Volkova) perché, in questi tre giorni ha condiviso con me tutte le difficoltà. Facciamo già a gara, chi tra di noi si stanca prima, crolla.

- Paolo, ci racconti un po’ di sé.

- Sono nato e vivo a Torino, ho quasi 27 anni. La mia carriera di scrittore è iniziata in maniera non proprio tradizionale. Ho studiato, prima di tutto, fisica, e adesso sto scrivendo la tesi di dottorato. Perché ho scelto proprio questa materia… è stata una scelta un po’ masochistica, perché a scuola studiare fisica mi costava sforzi enormi. Può darsi che abbia iniziato per dimostrare a me stesso che ne ero capace, ma fin dall’inizio ho capito che, comunque, non avevo intenzione di occuparmene tanto seriamente. Purtroppo la fisica è una materia,  una disciplina in cui c’è un’enorme differenza tra i geni e quelli che non lo sono. Se non sei un genio, non ottieni risultati. Sulla mia genialità non mi sono mai fatto nessuna illusione, e per questo fin dall’inizio ho provato a trovare una qualche altra strada per realizzarmi nella vita. E così per tanti anni ho fatto musica, e mi interessava molto. Ma in questo campo le mie ambizioni, come è risultato, superavano le mie reali capacità, e me ne sono reso conto. Dopo di che, l’ultima passione che mi restava era la lettura. Ma per una mia paura interiore non mi decidevo mai a scrivere qualcosa di un qualche valore. E per molti anni non ho scritto niente. Ma poi è giunto un momento in cui, dentro di me, si è creato come un vuoto, che non riuscivo a colmare in nessun modo, e per motivi diversi  all’improvviso ho iniziato a scrivere. Dopo di che la questione della qualità per qualche tempo non si è posta: se sono venuto qua e adesso mi trovo qui con voi significa che scrivere mi è riuscito.  Il fatto è che qualcuno, e adesso non riesco a trovare qui questa persona, della casa editrice RIPOL, mi ha incontrato all’aeroporto, e mi ha detto che il mio libro ha tre fattori di successo: il design della copertina, il titolo e la mia fotografia. Ma questi tre fattori non hanno niente a che vedere col contenuto del romanzo. Perciò, questo è forse il peggior complimento che si possa fare a uno scrittore.

- Fisico di successo, scrittore famoso… è così difficile unire queste due cose? Serve autodisciplina? Come fa ad avere successo nell’uno e nell’altro campo? Se la vita la mettesse all’improvviso davanti a un bivio, la fisica o l’attività di scrittore, cosa sceglierebbe?

- Qualche tempo fa rispondevo così a questa domanda: nella vita non è assolutamente obbligatorio scegliere qualcosa, ho molto tempo a disposizione e lo posso riempire facendo sia l’una che l’altra cosa.  Poi a un certo momento mi sono reso conto che una persona non può occuparsi con la stessa passione nemmeno di due cose, e che quando qualcosa ti inizia ad assorbire, ti  trascina così tanto che si prende tutto te stesso, e allora bisogna scegliere. Il problema è che negli ultimi due anni non ho avuto il tempo né la possibilità di fare una qualsiasi scelta. L’attività di scrittore mi ha preso così tanto che la posso paragonare a una malattia della pelle, che inizia come un puntino, e poi si diffonde su tutta la superficie del corpo. E adesso non riesco più a concentrarmi a lungo su qualcos’altro, e per questo la fisica è scomparsa per mancanza d’aria. Per me la fisica praticamente è morta, le ho celebrato il funerale e l’ho salutata con tutti gli onori. E ne sono, in un certo senso, addirittura soddisfatto.

- Quando ha scritto questa storia, l’ha considerata personale, privata, o ha intuito che è il tema di questa generazione, incapace di far entrare nel cerchio della proprio solitudine nessun altro, neanche un grande amore?

- In realtà, mentre scrivevo il libro, avevo in mente la mia generazione, che è molto diversa da quella dei giovani di oggi. Ma capivo già che la difficoltà di dialogo con il mondo esteriore ha carattere generalizzato, non è limitata a una sola persona o a una generazione. Inoltre, penso che questo dolore interno, questa confusione interiore, che è presente in ogni persona, abbia una natura fisica e ormonale misteriosa.  E si trova in ognuno do noi, indipendentemente dall’età. Ma i modi in cui si esprimono queste difficoltà cambiano da una generazione all’altra, e quindi ecco che le modalità con cui si presentano nel libro sono l’anoressia, o il fatto che il protagonista si taglia le vene, la violenza a scuola tra i bambini… Forse se io scrivendo questo libro avessi fatto vivere il protagonista dieci anni prima, può darsi che le queste manifestazioni sarebbero state un po’ diverse, ma ciò non cambia la sostanza. Voglio inoltre aggiungere una cosa, che molti mi dicono che questa estrema forma di disagio, di solitudine interiore, è una caratteristica dei giovani di oggi. In realtà non sono molto d’accordo con questa affermazione, perché ho già rilevato che i giovani di altre generazioni sono sempre più in possesso di mezzi di comunicazione che non esistevano per noi: le chat, i cellulari. Noi ne eravamo privi durante l’infanzia. E da questo si è formata l’opinione che i giovani d’oggi sono più  soli, e che devono combattere con tutte le forze questo isolamento, con qualsiasi mezzo. E stare tutto il tempo in compagnia e comunicare. Ma in realtà non è così. Anche la solitudine, in un certo senso, serve per crescere. Per poter comunicare, condividere qualcosa con chi ci sta intorno, ci servono alcuni momenti per farlo maturare, per poi poterlo condividere.

- Gli italiani sono un popolo molto allegro e solare, ma nel suo libro c’è molta melanconia. Perché la protagonista non ha raccontato al protagonista della sorella e non lo ha aiutato?

- Nel mondo questo mito è ancora diffuso, ma, ad esempio, degli italiani di oggi non posso dire che siano più così felici, e adesso non stiamo certo  attraversando il momento più felice della nostra storia. Ma su di noi ci sono certi cliché, degli stereotipi vecchi già di centinaia di anni; ma gli stereotipi cambiano molto lentamente. Per esempio, se parliamo della mia opinione sui russi… l’idea che avevo sì è capovolta, non me li immaginavo come li ho trovati qui. Pensavo che i russi esprimessero molto poco i loro sentimenti e che fossero poco emotivi. Quello che vedo è tutto il contrario di quello che pensavo prima di arrivare qui. Per quel che riguarda ciò che ha fatto la protagonista, non vorrei rivelare troppo del libro a quelli che forse non l’hanno ancora letto, ma penso che ciascun lettore debba trovare da solo la risposta a questa domanda, il perché si sia comportata così.

- Cosa sta scrivendo adesso? Il lettore normale non può astenersi da questa domanda…

- A questo proposito posso dire che, per adesso, non sto ancora scrivendo, ma in testa già da un anno si sta formando la trama del nuovo libro, e per me questo è il periodo più difficile. Sapete, per me è davvero divertente parlarne, perché per ora ho scritto solo un romanzo, ma in via di principio il processo di scrittura di un’opera non è molto cambiato nei secoli, ed è abbastanza noto. E perché questo periodo è il più difficile… perché proprio adesso dal niente si crea qualcosa. E in questo momento è importante essere attenti a tutti i più piccoli dettagli, che in seguito si possono arricchire e sviluppare.  E solo quando in testa si trova un bagaglio sufficiente allora si può iniziare il lavoro di scrittura, che sarà un importante momento liberatorio. Per tutto il tempo mi freno, fuggo dalla tentazione di iniziare a scrivere perché non mi sento ancora pronto.

- Lei è stato studente del famoso scrittore italiano Alessandro Baricco. Ci racconti nei dettagli cosa ha imparato da questo scrittore e cosa  le ha dato. Senza dubbio avete due stili completamente differenti…

- In realtà ho studiato in una scuola dove mi hanno insegnato a scrivere. L’ha creata Alessandro Baricco. Ma Baricco stesso l’ho conosciuto dopo la pubblicazione del mio romanzo. Altra questione è che queste scuole in cui si insegna a scrivere, non servono molto per imparare a scrivere, perché la capacità di scrivere è praticamente impossibile da insegnare. Una persona o scrive, oppure no. In queste scuole si possono apprendere delle competenze tecniche, ma la qualità impercettibile che fa di una persona uno scrittore è più vicina all’arte che all’artigianato. Ma quando una persona ha appena iniziato a scrivere gli è molto difficile trovare qualcuno intorno disposto a leggere ciò che ha scritto, che gli possa dare un qualche giudizio. E forse queste scuole sono l’unico posto in cui si può leggere e ascoltare la risposta di qualcuno, soprattutto di persone che si occupano in maniera professionale di letteratura, e che ti possono consigliare, indicare in quale direzione continuare il tuo percorso. A me è successo che proprio in questa scuola ho conosciuto una persona che mi ha aiutato molto a decidermi a scrivere un romanzo, e mi ha praticamente costretto a farlo. Non era un mio insegnante, ma seguivamo insieme un corso.

- È cambiato qualcosa nella sua vita adesso che è diventato famoso?

- Nella mia vita è cambiato praticamente tutto, e infatti basta vedere dove mi trovo adesso. Ma oltre a questi fattori esterni, come il fatto di aver cambiato lavoro e di vedere il mio libro trascritto in cirillico, c’è la questione più  importane, ovvero che posso occuparmi di quello che veramente amo. E mi sembra che uno dei problemi più grossi della mia generazione sia che non si riesce a realizzare. Ha le idee, ma non le opportunità affinché si realizzino.

- Quando apparirà sugli schermi il film che tutti aspettano con impazienza?

- Per quanto riguarda il film, lo stanno girando proprio adesso, oggi. Le riprese sono in corso e continueranno per tre mesi. All’incirca a febbraio termineranno, ma per quando riguarda quando sarà possibile vederlo in Russia… ci daremo da fare perché sia il più presto possibile. Il regista è Saverio Costanzo. La sceneggiatura l’abbiamo scritta insieme. Il titolo del film sarà lo stesso del libro.

Dopo la chiacchierata:
-Paolo, Le posso regalare qualcosa?
-Certo!
- E` una rivista della nostra università che si chiama “ Il Giornalista”. C’è un articolo che parla del Suo libro…
-Mmm… Con Niccolò Àmmàniti!
- Ñi sono tanti errori…
- Non fa niente! Grazie! (sorride).